Il siluro a lenta corsa, sigla SLC, conosciuto anche come “maiale”, fu un sommergibile tascabile di forma simile a un siluro, adatto a trasportare, a bassa velocità, due operatori muniti di respiratori subacquei autonomi e una carica esplosiva da applicare occultamente alla carena della nave avversaria all’ormeggio.
Venne usato dalla Xª Flottiglia MAS della Regia Marina italiana durante la seconda guerra mondiale per azioni di sabotaggio contro navi nemiche, spesso ancorate in porti militarmente difesi.
Il siluro a lenta corsa (detto comunemente maiale) è derivato dalla mignatta di Raffaele Rossetti, usata nella prima guerra mondiale per affondare la corazzata austriaca Viribus Unitis.
Questo progetto di derivazione fu ideato nel 1935 dai capitani del Genio Navale palombaro Teseo Tesei ed Elios Toschi. Teseo Tesei morì successivamente in azione con un suo maiale a Malta. I primi due prototipi di SLC furono testati nell’ottobre 1935, a La Spezia alla presenza di Mario Falangola che dirigeva all’epoca l’Ispettorato Sommergibili.
Falangola ne fu talmente entusiasta da commissionare la costruzione di altri due Slc.
Nel 1939 il reparto della marina che si addestrava all’uso del SLC fu trasferito in una base segreta situata a Bocca di Serchio; proprio sul Serchio e nel tratto di mare antistante la foce del fiume, nel corso di ripetuti test di addestramento, l’arma fu perfezionata (vedi anche Mario Giorgini e Gino Birindelli).
Il 19 dicembre 1941 i maiali (usati dalla Xª Flottiglia MAS) effettuarono la loro azione più nota, l’affondamento delle navi da battaglia britanniche HMS Valiant e HMS Queen Elizabeth. I militari italiani, per riuscire a fornire questi siluri alle numerose basi segrete (un esempio è la base dell’Olterra), facendoli passare inosservati, dovevano smontarli e trasportarne i vari pezzi separatamente fino a destinazione, dove poi venivano rimontati.
Numerose azioni militari furono compiute dai maiali nel corso della seconda guerra mondiale, anche da parte degli inglesi che crearono i Chariots copiandoli dagli esemplari italiani catturati,[5] ma anche come i Kaiten della Marina imperiale giapponese nelle fasi finali della seconda guerra mondiale intraprendendo attacchi suicidi.
I primi siluri a lenta corsa elaborati poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, erano lunghi 7,30 m e avevano un motore elettrico di 1,6 hp di potenza; l’alimentazione era fornita da una batteria d’accumulatori. La velocità massima era di 3 nodi con un’autonomia di circa 15 miglia alla velocità di 2,5 nodi.
Il trasportatore era dotato di timoni di profondità e di direzione, di casse assetto e di strumentazione comprendente una bussola magnetica, un profondimetro, un orologio, un voltmetro, due amperometri ed una livella a bolla d’aria per il controllo dell’assetto longitudinale.
Il trasportatore era costituito da tre sezioni: nella prima, di forma arrotondata per favorire la navigazione del mezzo, era collocata la carica (230 kg circa di tritolite) con i relativi congegni di scoppio. Tale parte, chiamata testa di servizio, veniva staccata dal resto del mezzo e applicata sotto la chiglia della nave.
La parte centrale, di forma cilindrica denominata corpo centrale, conteneva le batterie ed esternamente le strutture sulle quali erano ricavati i posti per i due operatori. Nella terza, di forma tronco conica denominata coda, era alloggiato il motore e l’armatura che portava le eliche e i timoni.
I siluri a lenta corsa sono chiusi in appositi cilindri a tenuta stagna, disposti sulla coperta del sommergibile avvicinatore, all’interno del quale si trovano gli assaltatori. Per mettere in mare i siluri a lenta corsa, il sommergibile deve avvicinarsi il più possibile al porto nemico, tenendo conto delle difficoltà naturali e di quelle costituite dalla difesa nemica.
Usciti dal sommergibile gli uomini estraggono i siluri a lenta corsa dai cilindri e si accertano che non abbiano subito danni durante la navigazione. Quindi procedono con gli stessi verso l’imboccatura del porto seguendo le indicazioni della bussola luminosa.
Bibliografia: Wikipedia