Il relitto dell’Andrea Doria

Quello che resta della Andrea Doria, la più lussuosa nave da crociera del dopoguerra, si trova nei pressi dell’Isola di Nantucket, Massachusetts, USA, a circa 70 metri di profondità in un area di forti correnti e bassa visibilità.

Il relitto della Andrea Doria è un luogo di immersione popolare per molti subacquei ricreativi ma la sua esplorazione necessita di una certa esperienza, essendo molto impegnativa e non scevra di pericoli. A parte la profondità, uno dei problemi maggiori è che il relitto si trova in una area molto trafficata dalle navi che vanno da New York agli altri porti nordorientali degli Stati Uniti e viceversa. Ad oggi, la sua esplorazione ha mietuto undici vittime tra i subacquei che si sono avventurati in quelle fredde e torbide acque. Ciononostante è molto richiesta da parte di subacquei di tutto il mondo che vogliono visitare questa grande regina dei mari. Scopriamo ora la storia di questa nave insieme.

relitto dell’Andrea Doria – Fonte: Pinimg

Una storia che ha dell’incredibile

L’Andrea Doria era un lussuoso transatlantico di notevoli dimensioni; misurava 213,59 metri di lunghezza fuori tutto, 27,40 metri di larghezza massima al galleggiamento ed aveva una stazza lorda di quasi 30000 tonnellate. La sua propulsione era affidata a due impianti separati di turbine a vapore, collegate a due eliche gemelle a tre pale, che permettevano alla nave di raggiungere agevolmente una velocità di esercizio di 23 nodi, con una velocità massima di oltre 26 nodi.

16.06.1951 Varo dell’Andrea Doria nel cantiere Ansaldo di Genova Sestri

Non era la nave più veloce del mondo dell’epoca ma sicuramente una delle più confortevoli. Fu  una delle prime ad avere l’aria condizionata in tutti i locali abitati, sia dei passeggeri sia dell’equipaggio. Per l’arredo della nave erano stati chiamati i migliori architetti dell’epoca tra cui Ponti, Zoncada, Pulitzer Finali, Minoletti. A bordo erano inoltre presenti numerose opere d’arte realizzate appositamente per la nave ospitate  per la sala di soggiorno di prima classe tra cui L’allegoria d’autunno di Felicita Frai per la sala delle feste di classe cabina, i mosaici di Lucio Fontana, le ceramiche di Fausto Melotti, e gli specchi dipinti di Edina Altara nel bar di prima classe.

La nave divenne ben presto un mito tanto che Elia Kazan, in Fronte del porto, fa incrociare lo sguardo di Marlon Brando con l’Andrea Doria in approdo a una banchina di New York. L’Andrea Doria possedeva  tre piscine una per tutte e tre le sue classi. Una splendida nave da crociera ma anche un mezzo popolare per l’emigrazione italiana del dopoguerra verso gli Stati Uniti.

L’Andrea Doria era stata costruita dopo la guerra, nel 1951, dai cantieri Ansaldo di Genova  per la compagnia di navigazione Italia S.p.A. meglio conosciuta come Linea Italiana. Il nome che le fu dato ricordava il grande ammiraglio della Repubblica di Genova del XV secolo. In suo onore una statua dell’ammiraglio era stata posta nella prima classe. Aveva anche una nave sorella, la Cristoforo Colombo.

Le due navi rappresentarono l’orgoglio del dopo guerra nella lenta opera di ricostruzione dell’Italia, ancora ferita dalla seconda guerra mondiale. L’unità era considerata una delle più sicure dell’epoca. va notato che a quei tempi la normativa SOLAS 1948 non era ancora obbligatoria per tutti i Paesi membri dell’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) e fu proprio la Società Italia ad auto imporsi quelle sagge regole.

L’ultimo viaggio

Il 17 luglio 1956, l’Andrea Doria lasciò il porto di Genova agli ordini del comandante superiore Piero Calamai.

Fece tre tappe a Cannes, Napoli e Gibilterra prima di iniziare il suo lungo viaggio verso New York. Il 26 luglio 1956, l’Andrea Doria entrò in una fitta nebbia sulla costa dell’isola di Nantucket a meno di un giorno di distanza da New York. Nella direzione opposta viaggiava un mercantile, la Stockholm, che viaggiava da New York a Gothenburg, in Svezia.

Alle 23:10 entrambe le navi stavano per incrociare un corridoio molto trafficato. L’inchiesta originale stabilì che l’Andrea Doria tentò di evitare la collisione virando a sinistra, invece di accostare a dritta (ossia a destra) poiché era troppo tardi per qualsiasi altra manovra: infatti la Stockholm ordinò la virata a dritta e l’indietro tutta quando era ormai troppo vicino alla nave italiana. Nascoste dalla nebbia, le navi si avvicinarono, guidate solo dalle reciproche visioni e informazioni radar che non furono però sufficienti a evitare la tragedia. Non ci fu alcun contatto radio e nonostante l’Andrea Doria continuasse a emettere i fischi obbligatori durante la nebbia, la Stockholm non lo fece; una volta giunte a distanza ottica fu troppo tardi per mettere in atto le contromanovre per evitare l’abbordo in mare. La Stoccolma non era una nave di lusso, ma una nave progettata per un normale servizio passeggeri e merci ed aveva una prua rinforzata in grado di tagliare i banchi di ghiaccio del Nord Europa come i rompighiaccio.

L’Andrea Doria e la Stockholm entrarono in collisione violentemente con un angolo di quasi 90 gradi; la robusta e rinforzata prua della nave svedese piegò il lato di Andrea Doria aprendo una falla gigantesca sotto il ponte di comando per un’altezza di tre ponti, ovvero per oltre 12 metri. Diverse cabine furono distrutte nell’urto uccidendo 51 passeggeri che, vista l’ora, si erano già ritirati nelle loro cabine per la notte. Anche tre membri dell’equipaggio della nave svedese restarono uccisi a seguito dell’urto.

Il dritto di prua della nave Stockholm rimase incastrato  nell’Andrea Doria ed il serbatoio di carburante di dritta della nave italiana si apri. L’acqua penetrò nel serbatoio del carburante e la nave rimase bloccata con una inclinazione di 20 gradi. Per fortuna le luci di emergenza si accesero ed i passeggeri si affrettarono sul  ponte sempre più inclinato per arrivare sul ponte superiore. L’equipaggio li mise in salvo sulle scialuppe di dritta. Tuttavia, a causa della grave inclinazione della nave, ci si rese presto conto  che non tutte le imbarcazioni di salvataggio dell’Andrea Doria potevano essere messe in mare. Metà dei passeggeri restarono cosi bloccati a bordo. Nel frattempo, la Stockholm, nonostante i suo i danni, iniziò a soccorrere i sopravvissuti. Fortunatamente, un mercantile da carico americano, il Cape Anne, sopraggiunse e contribuì a mettere in salvo gli altri naufraghi. Sul luogo dell’incidente arrivò anche una nave passeggeri francese, la Ile De France, raccogliendo altri passeggeri. I sopravvissuti della Andrea Doria ebbero modo di vedere insieme ai passeggeri e all’equipaggio delle altre navi, l’Andrea Doria inclinarsi lentamente sul suo lato di dritta ed affondare. Una tragedia terribile.

Il numero limitato di vittime e il completo successo delle operazioni di soccorso fu merito del comportamento eroico dell’equipaggio dell’Andrea Doria, e soprattutto del comandante Piero Calamai, che prese rapidamente delle difficili decisioni in quei momenti tanto concitati. Dopo il salvataggio di tutti i passeggeri, il comandante Piero Calamai restò a bordo dell’Andrea Doria rifiutando di mettersi in salvo; fu poi costretto a farlo costretto dai propri ufficiali che tornarono indietro per portarlo via dopo l’ultimo passeggero. Alla fine, ben più di 1.000 persone furono portate in salvo a New York.

Le operazioni di soccorso da parte di tutti i mezzi navali a disposizione fecero del disastro dell’Andrea Doria la più grande operazione di soccorso della storia marittima dell’epoca. Nel 1956 avvenne il processo con diversi mesi di indagini. Importanti avvocati ed esperti di diritto marittimo rappresentarono le due compagnie coinvolte. Gli ufficiali di entrambe le navi vennero fatti deporre, finché il processo si concluse con una conciliazione extragiudiziale e le indagini finirono.

Si vociferò che la colpa fosse stata della nave svedese la cui compagnia aveva però interessi in cantieri italiani. Di fatto la collisione comportò diversi cambiamenti nel mondo marittimo per evitare che incidenti simili potessero ripetersi: le compagnie armatrici furono obbligate a migliorare l’addestramento degli uomini all’uso del radar. Va precisato che nell’inchiesta emerse che l’Andrea Doria era dotata di due radar molto avanzati per l’epoca che mostravano direttamente le posizioni dei bersagli mentre sulla Stockholm il radar non aveva il regolatore della portata illuminato. La Stockholm fu riparata e continuò la sua vita di nave passeggeri fino ad pochi anni fa. Ironicamente negli anni novanta la nave svedese cambiò nome in Italia Prima.

Un relitto drammaticamente famoso

L’Andrea Doria è un relitto popolare per le immersioni ricreative. Le prime immagini del relitto furono realizzate da Peter Gimbel già il giorno successivo a quello dell’affondamento, il 27 luglio 1956. Abbiamo trovato un successivo filmato del 1982 che mostra le condizioni della nave dopo tanti anni effettuato proprio da Gimbel.

In realtà le prime immersioni cominciarono nel 1956 con una spedizione lanciata dal subacqueo americano John Light e, nel luglio del 1968, vi fu la prima spedizione italiana, organizzata dal regista Bruno Vailati, insieme a Stefano Carletti, Mimì Dies, Arnaldo Mattei e All Giddings, noto ed esperto subacqueo statunitense. Fu realizzato un documentario dal titolo Andrea Doria -74 che ottenne il premio della critica “David di Donatello” e il “Premio della Giuria al Congresso di Tecnica Cinematografica di Parigi“.

In seguito Peter Gimbel condusse un gran numero di operazioni di recupero, inclusa quella del 1981 della cassaforte della prima classe che pero risultò contenere solo alcuni certificati d’argento americani e banconote italiane dell’epoca.

La campana della nave fu recuperata alla fine degli anni ottanta mentre la statua dell’Ammiraglio Doria fu recuperata dal salone di prima classe da un gruppo di subacquei capitanati da George Merchant. Gli esemplari delle porcellane dell’Andrea Doria sono stati considerati a lungo pezzi pregiatissimi ma oggi, dopo le numerose razzie, rimangono pochi oggetti di valore a bordo.

Lo stato del relitto

Nel 1980, durante un immersione di controllo, fu notato che lo scafo dell’Andrea Doria appariva fortemente incrostato dalla vita marina locale ed arrugginita. Parti della sua sovrastruttura erano corrosi, compreso il magnifico ponte ed era anche vistosamente ricoperta da reti da pesca. Il ricercatore ed oceanografo americano Robert Ballard, che visitò nel 1995 il relitto con il NR 1, un ex  sommergibile della US Navy, affermò che lo scafo era già vistosamente ricoperto di reti da pesca abbandonate.

L’Andrea Doria si trovava sul fondo esattamente nelle condizioni note, il suo relitto era completamente integro adagiato sul fianco dritto, circondato da una rete invisibile di reti da pesca che rappresentano un ulteriore pericolo per i subacquei che si avventurano in queste immersioni. Era persino ancora visibile una scialuppa di salvataggio galleggiante attaccata verticalmente alla nave da una cima ancora collegata ad una gruetta laterale.

Nel 2005, l’intera sovrastruttura era rovinata e accumulata in un mucchio di detriti. Il relitto produceva un rumore costante di macinazione, gemendo a causa del persistente deterioramento.

Nel 2016, il relitto dell’Andrea Doria era praticamente crollato su se stesso e le aree interne erano ormai tutte collassate. Quello che resta del relitto dell’Andrea Doria giace posato sul fianco di dritta a una profondità di 75 metri. Le esplorazioni più recenti hanno constatato come nel corso degli anni molto del materiale più pregiato sia stato già razziato da sommozzatori non autorizzati.

Se vogliamo, una fine ingloriosa per una regina dei mari.

Pier Paolo "Gus" Liuzzo

Mi chiamo Pier Paolo Liuzzo. Vivo a Tortona, una piccola città in provincia di Alessandria, a metà strada tra Milano e Genova. Pilota di linea ed amante del mare; di quello che conserva e racchiude fra le sue acque.

https://www.gusdiver.com

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