Xª Flottiglia MAS

La Xª Flottiglia MAS, anche nota come Decima MAS, X MAS, 10ª Flottiglia MAS, o “la Decima”, fu un’unità speciale della Regia Marina italiana, prima flottiglia MAS istituita, il cui nome è legato a numerose imprese belliche di assalto e incursione. Nata nel 1939 come Iª Flottiglia M.A.S., era una delle tre flottiglie MAS della Regia Marina allo scoppio della seconda guerra mondiale. L’unità mutò ufficialmente la propria denominazione in “10ª Flottiglia M.A.S.” il 14 marzo 1941.

Soprattutto nella fase iniziale, le imprese dell’unità non furono coronate dal successo e comportarono molte perdite tra gli equipaggi, come nel caso del fallito attacco a Malta del 1941. Con il perfezionamento dei mezzi, si giunse a successi come quello della Baia di Suda (25-26 marzo 1941) o dell’impresa di Alessandria del 19 dicembre 1941, che privò per un lungo periodo la Royal Navy delle sue navi da battaglia nel Mediterraneo.

Con l’armistizio dell’8 settembre 1943, la Xª Flottiglia MAS, sotto il comando di Junio Valerio Borghese, rimase in gran parte bloccata a La Spezia dove si riorganizzò in corpo franco, poi entrato nella Marina Nazionale Repubblicana. Gli elementi rimasti al sud, assieme a numerosi prigionieri rilasciati dai campi di prigionia alleati, riorganizzarono l’unità con il nuovo nome di “Mariassalto”: tale unità della Regia Marina, di base a Taranto, comandata dal capitano di fregata Ernesto Forza, continuò le attività belliche agli ordini degli Alleati.

Nel 1954 il gruppo fu ricostituito con il nome di Comsubin (Comando Subacquei ed Incursori).

Teseo Tesei – Sviluppatore del SLC (Siluro Lenta Corsa)

La 1ª Flottiglia MAS

Il 28 ottobre 1938 l’Ufficio piani e operazione della Regia Marina propose la costituzione della “1ª Flottiglia MAS”, con sede a Spezia. L’unità venne costituita il 23 aprile 1939 con comandante il capitano di fregata Paolo Aloisi

Alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale la Marina decise inoltre di riprendere gli studi per l’impiego operativo del maiale e dei barchini. L’attività della flottiglia inizialmente fu tesa alla sperimentazione in segreto delle nuove armi della Marina; diventò quindi un’unità speciale, ad attività riservata.


I componenti della 1ª Flottiglia MAS nel 1939.
Da sinistra a destra sottotenente di vascello Luigi Durand de la Penne (medaglia d’oro), capitano (GN) Teseo Tesei (medaglia d’oro), capitano medico Bruno Falcomatà (medaglia d’oro), capitano di fregata Paolo Aloisi (medaglia d’argento), tenente (GN) Gian Gastone Bertozzi (medaglia d’argento), tenente di vascello Gino Birindelli (medaglia d’oro), capitano (AN) Gustavo Maria Stefanini, guardiamarina Giulio Centurione.

La seconda guerra mondiale

Allo scoppio della seconda guerra mondiale nel giugno 1940 era una delle tre flottiglie MAS in servizio, alle dipendenze dirette dello Stato maggiore della Marina.

Fu confermato l’utilizzo dei mezzi presenti nella 1ª Flottiglia (5 squadriglie, con complessivi 20 MAS) e fu inoltre riconosciuta formalmente la specialità degli uomini d’assalto, sommozzatori in grado di nuotare fino a sotto le navi nemiche per collocarvi dell’esplosivo. I mezzi usati per trasportare queste testate esplosive, del peso di circa 300 kg, erano dei siluri modificati, noti come siluri a lenta corsa o “maiali”. Il reparto subacqueo era ora comandato dal tenente di vascello Junio Valerio Borghese. Nel centro esisteva un Reparto tecnico-sperimentale, comandato dal tenente di vascello Angelo Belloni, per gli studi e le indagini sulle applicazioni di nuove attrezzature, che dovevano migliorare l’efficienza e la sicurezza di tutte le apparecchiature subacquee in dotazione alla flottiglia. Tra gli utilizzatori vi era il Gruppo Gamma, comandato dal tenente di vascello Eugenio Wolk; questo gruppo introdusse l’impiego di pinne e guanti palmati durante gli addestramenti alle future missioni.

Quanto ai motoscafi modificati, i barchini esplosivi, essi vennero inquadrati in una unità comandata da Giorgio Giobbe, che non venne inizialmente utilizzata perché queste imbarcazioni venivano considerate “mezzi di ripiego”. I “barchini” avevano la loro base alla Spezia, al “Balipedio Cottrau” del Varignano.

Per il successo delle incursioni era necessario anche un equipaggiamento speciale, non solo dal punto di vista dei mezzi offensivi, ma anche dei dispositivi di navigazione (bussole) e degli accessori (profondimetri): il tutto fu oggetto di un attento studio.

Ma in primo piano veniva sempre la fortissima motivazione con la quale gli operatori della Xª andavano in azione, diretta contro il potenziale bellico piuttosto che contro gli uomini.

«Nel corso di tutta la seconda guerra mondiale i mezzi d’assalto della Marina Italiana hanno subito perdite percentuali elevatissime, hanno inflitto duri colpi al nemico in momenti particolarmente critici della situazione navale nel Mediterraneo, ma non hanno ucciso praticamente nessuno…

…il mezzo d’assalto è stato l’unico mezzo di guerra che mirò unicamente alla distruzione del materiale del nemico…»

dal libro dell’ammiraglio Virgilio Spigai “Cento uomini contro due flotte

Gli Esordi

Le prime azioni di attacco si conclusero con risultati poco incoraggianti, a volte disastrosi. Nella prima missione, denominata G.A.1, destinata ad attaccare la rada di Alessandria d’Egitto, il 22 agosto 1940 nel golfo di Bomba il sommergibile Iride, che aveva caricato quattro SLC dalla motonave Calipso, e la motonave Monte Gargano, vennero affondati dagli inglesi con elevate perdite umane. Cinque marinai dell’Iride, silurato da uno Swordfish, vennero salvati proprio da alcuni degli operatori della Xª che al momento dell’affondamento del sommergibile erano temporaneamente sulla Monte Gargano.

Una seconda operazione contro Alessandria, la G.A.2, e una contro Gibilterra, la B.G.1, si conclusero senza esiti positivi, anche se con minori perdite umane: nella missione G.A.2 vi fu un morto e il sommergibile Gondar venne autoaffondato dopo un’agonia di diverse ore, mentre la seconda, condotta dal comandante Borghese sul sommergibile Scirè, venne annullata quando il sommergibile era già alla volta di Gibilterra, perché la squadra navale bersaglio dell’incursione era uscita dal porto. Con l’affondamento del Gondar, oltre all’equipaggio vennero fatti prigionieri dagli inglesi il comandante Giorgini e anche diversi incursori.

Il 29 ottobre 1940 lo Scirè (comandato ancora da Borghese e con tre SLC a bordo), tentò nuovamente un’azione denominata B.G.1 contro Gibilterra, che venne interrotta e ritentata con denominazione B.G.2 il 30 dello stesso mese. La coppia de la Penne – Bianchi venne subito intravista da un’imbarcazione nemica e per non destare sospetti portarono in immersione il loro SLC, che però si guastò non permettendo più la risalita. I due assaltatori lo abbandonarono e raggiunsero a nuoto la costa spagnola. Tesei e Pedretti, che pilotavano un altro SLC, furono capaci di arrivare all’imboccatura del porto, ma al momento dell’immersione constatarono che i loro respiratori non funzionavano, e dovettero desistere affondando il mezzo e nuotando fino alla riva spagnola, da dove vennero rimpatriati assieme a de la Penne e Bianchi. Birindelli e Paccagnini, nonostante problemi di galleggiamento con il loro mezzo, un respiratore bucato e una velocità alquanto ridotta, riuscirono con grande abilità ad arrivare a 70 metri dalla corazzata Barham superando le reti antisiluro poste in sua difesa. A questo punto, inaspettatamente, l’SLC si bloccò sul fondale. Birindelli (rimasto solo in quanto Paccagnini era risalito in superficie per mancanza di ossigeno) tentò di trascinare la testata fin sotto la nave nemica, ma dopo poco tempo dovette abbandonare i suoi propositi in quanto stremato. Risalito in superficie tentò di fuggire, ma venne scoperto e preso prigioniero assieme a Paccagnini dai soldati inglesi.

La missione fu un totale insuccesso, ma almeno era stata dimostrata la capacità dei palombari di penetrare in un porto nemico ben presidiato.


Il sommergibile Gondar in banchina alla Spezia.
A prua della falsatorre si notano i due contenitori cilindrici destinati a ospitare i siluri a lenta corsa

La ricostruzione come Xª Flottiglia MAS

Dopo questi costosi fallimenti iniziali, e in seguito alla cattura in settembre del comandante Mario Giorgini, il comando dell’intero reparto venne affidato al capitano di fregata Vittorio Moccagatta. Il 15 marzo 1941 la 1ª Flottiglia MAS fu ribattezzata da Supermarina (proprio su proposta fatta il 10 marzo 1941 da Moccagatta) 10ª Flottiglia MAS. Il nuovo nome fu scelto in riferimento alla legione prediletta di Giulio Cesare, la Legio X Gemina.

I primi successi

«Se la Xª MAS fosse stata pienamente operativa nel giugno 1940, quando gli inglesi non disponevano ancora dell’Ultra né di buoni sistemi di vigilanza nei porti di Alessandria, Gibilterra e La Valletta, la guerra probabilmente avrebbe avuto un esito assai diverso.»

La prima azione coronata da successo fu quella del 25 marzo 1941: sei barchini esplosivi presero di mira diverse unità nemiche nella baia di Suda, a Creta, affondando fra l’altro l’incrociatore York. L’incursione, con al comando il tenente di vascello Luigi Faggioni, venne effettuata appunto da sei MTM che riuscirono a forzare durante la notte le ostruzioni della baia e rimasero in attesa fino a che le luci dell’alba permisero di individuare chiaramente le sagome degli obbiettivi ancorati in rada. Un barchino centrò lo York, che si adagiò sul fondale, ma con danni talmente gravi che non venne comunque recuperato; un secondo, pilotato dal sergente cannoniere Emilio Barberi, che per l’azione verrà decorato con la medaglia d’oro al valor militare, centrò la petroliera Pericles, e il terzo mancò il suo bersaglio programmato centrando un molo. Le altre unità ebbero problemi di natura meccanica o relativi ai malesseri dei piloti dovuti alle condizioni estreme nelle quali operavano; gli equipaggi causarono quindi l’affondamento dei loro mezzi.

Alcune operazioni successive, comunque, non andarono a buon fine. Nell’aprile 1941 venne tentata una ricognizione offensiva nelle acque di Corfù (Grecia), precisamente a Porto Edda, comandata dallo stesso Moccagatta. Due MAS, il 539 e il 535, scortarono due MTS, il primo con equipaggio il capitano di corvetta Giorgio Giobbe e il sottotenente di vascello Aldo Massarini, e il secondo con il sottotenente di vascello Renato Iovine e il 2º capo motorista Enrico Cerruti. La missione venne abortita. Inoltre la notte tra il 25 e il 26 maggio 1941, la missione B.G.3, ancora con obiettivo Gibilterra e basata su tre SLC partiti dal sommergibile Scirè, venne annullata, ma tutti gli operatori rientrarono alla base.


Il relitto della HMS York ispezionato da una squadra di marinai della torpediniera Sirio dopo la resa di Creta

L’attacco a Malta e la morte di Tesei


Il Forte Sant’Elmo nel 2008; a destra, il vuoto occupato prima dell’attacco dalle ostruzioni fatte saltare dagli MTM italiani. Sotto questo forte, ad una profondità di 15 metri circa giace il relitto dell’HMS Maori, nave da guerra affondata dai Tedeschi durante il secondo conflitto mondiale.

Nel maggio successivo fu tentata un’altra missione contro il porto di Gibilterra, ancora con il sommergibile Scirè comandato dal tenente di vascello Junio Valerio Borghese e ancora caratterizzata da un fallimento dovuto a problemi tecnici dei mezzi.

A luglio un’ambiziosa e temeraria azione contro Malta, denominata Malta 2, finì invece in un disastro. Il 25 e 26 luglio 1941 la Xª MAS provò ad attaccare il possedimento inglese partendo dalla nave appoggio Diana e da due MAS, il 451 del sottotenente di vascello Giorgio Sciolette e il 452 al comando del tenente di vascello Giobatta Parodi (recante a bordo il capitano di fregata Vittorio Moccagatta e il capitano medico Bruno Falcomatà); con loro un consistente gruppo di barchini esplosivi e due SLC: il piano operativo dettagliato nell’Ordine di Operazione 5/A prevedeva che durante la notte l’SLC facesse saltare le ostruzioni di ponte sant’Elmo che chiudevano il porto di La Valletta, e immediatamente i barchini avrebbero dovuto irrompere nel varco e colpire le navi all’ancora. L’altro SLC avrebbe dovuto attaccare i sommergibili inglesi in porto. Le tre ricognizioni di Moccagatta avevano concluso (erroneamente) che i proiettori fossero asserviti agli aerofoni, in base alle osservazioni del loro comportamento durante le incursioni aeree; in realtà esistevano efficienti impianti radar che rilevarono le unità italiane a lunga distanza privandole di qualsiasi effetto sorpresa.

Marinai della Decima ad Augusta dopo un’azione su Malta

L’attacco iniziale alle ostruzioni doveva essere portato dal maggiore Tesei, fondatore del gruppo, che visto il ritardo accumulato a causa delle varie avarie ai mezzi si portò con il suo SLC insieme con il 2º capo palombaro Alcide Pedretti per far saltare le ostruzioni. Le difese dell’isola erano però entrate in stato di allerta grazie agli avvistamenti radar; Tesei saltò in aria col suo mezzo spolettato a tempo zero (esplosione immediata) facendo crollare una parte del ponte girevole di sant’Elmo, ma ostruendo anche il passaggio; molti degli incursori che si lanciarono in successione contro l’entrata vennero falciati dalle postazioni che difendevano l’imboccatura di una delle due baie che costituiscono il porto, Marsamuscetto (l’altra è il Grand Harbour, o Porto Grande); infine, all’alba, decollarono dagli aeroporti dell’isola (Ħal Far e Luqa) trenta aerei da caccia Hurricane inglesi del 126º, 185º e 251º Squadron che individuarono le navi appoggio italiane e le colpirono duramente, causando anche molti morti e feriti, tra i quali Moccagatta, nonostante venissero contrastati da dieci caccia Macchi MC.200 del 54º Stormo. Nella battaglia aerea secondo gli italiani vennero abbattuti tre Hurricane contro due Macchi, mentre gli inglesi affermarono di aver abbattuto tre Macchi perdendo un solo Hurricane.

Per l’azione a Tesei verrà concessa la medaglia d’oro al valor militare alla memoria, così come a Pedretti (entrambi reduci da una prima missione contro Gibilterra e superstiti all’affondamento del sommergibile Iride durante l’operazione G.A.1), e a Moccagatta. Il bilancio complessivo dell’azione fu di 15 morti e 18 prigionieri sulle circa 50 persone che avevano partecipato all’azione, mentre solo 11 in parte feriti rientrarono a bordo del Diana scortato dal MAS 544 e dalla torpediniera Cigno ad Augusta; ad esse si aggiunse la perdita di due MAS (il MAS 452 venne catturato ed è esposto in museo a Malta), due SLC e otto MTM, uno dei quali venne catturato intatto dai britannici.

Un Operatore Gamma della Xª MAS.

I fallimenti furono comunque utili per accumulare esperienza e mettere a punto tecniche e materiali. Anche l’episodio di Malta, che avrebbe potuto segnare la fine dell’incursione subacquea, divenne invece lo sprone per fare meglio: al comando arrivò Ernesto Forza, proveniente dalla IIª Flottiglia MAS, nuove risorse furono assegnate ai reparti d’assalto, mentre a quelli subacquei e di superficie si affiancò il nuovo “Gruppo Gamma”, costituito da nuotatori d’assalto.

Il 20 settembre 1941 finalmente i “maiali” dello Scirè a Gibilterra riuscirono ad affondare due piroscafi e una petroliera militare. Il dicembre successivo la Xª Flottiglia MAS effettuava l’azione più nota, l’affondamento delle navi da battaglia britanniche HMS Valiant e la nave ammiraglia HMS Queen Elizabeth.

L’affondamento della Valiant e della Queen Elizabeth

«…sei Italiani equipaggiati con materiali di costo irrisorio hanno fatto vacillare l’equilibrio militare in Mediterraneo a vantaggio dell’Asse.»

Winston churchill

La più celebre delle azioni della Xª Flottiglia MAS (operazione G.A.3), l’affondamento delle corazzate inglesi Valiant e Queen Elizabeth e della petroliera Sagona ormeggiate nel porto di Alessandria d’Egitto, venne effettuata il 19 dicembre 1941. Si trattò di una sorta di rivincita delle forze armate italiane per le gravi perdite navali subite nella notte di Taranto (ottobre 1940). È rimasta famosa anche come Impresa di Alessandria.

La missione G.A.3 ebbe inizio la notte del 3 dicembre, quando il sommergibile Scirè, comandato dal tenente di vascello Junio Valerio Borghese, salpò dal porto della Spezia. Dopo alcuni giorni il mezzo fece scalo nell’isola egea di Lero, ove imbarcò gli operatori dei mezzi d’assalto, giunti sul posto dopo il trasferimento aereo dall’Italia, e il 14 dicembre ripartì alla volta della costa egiziana, che raggiunse la notte del 18, con un giorno di ritardo per via di una violenta mareggiata. A causa all’arrivo di tre cacciatorpediniere, i britannici aprirono un varco nelle difese del porto, di cui approfittarono tre siluri a lenta corsa, pilotati ciascuno da due uomini di equipaggio. Gli incursori dovevano giungere sotto la chiglia del proprio bersaglio, piazzare la carica d’esplosivo e successivamente abbandonare la zona dirigendosi a terra e autonomamente cercare di raggiungere il sommergibile che li avrebbe attesi qualche giorno dopo al largo di Rosetta.


La HMS Queen Elizabeth circondata da reti parasiluri nel porto di Alessandria prima dell’attacco.

Il maiale nº 221, condotto da Luigi Durand de la Penne ed Emilio Bianchi, si diresse verso la nave da battaglia Valiant. Bianchi cadde a causa di un malore, mentre de la Penne riuscì a raggiungere il fondo della carena della nave, ove agganciò la carica esplosiva e poi riaffiorò; fu però catturato e condotto sulla corazzata. Poco dopo, gli inglesi catturarono anche Bianchi, che era risalito alla superficie e si era aggrappato a una boa di ormeggio della corazzata, e lo rinchiusero nello stesso compartimento sotto la linea di galleggiamento nel quale avevano portato Durand de la Penne, nella speranza di convincerli a rivelare il posizionamento delle cariche. Alle 05:30, a mezz’ora dallo scoppio, de la Penne chiamò il personale di sorveglianza per farsi condurre dall’ammiraglio Cunningham, comandante della Mediterranean Fleet, e informarlo del rischio corso dall’equipaggio; ciò nonostante Cunningham fece riportare l’ufficiale italiano dov’era. All’ora prevista l’esplosione squarciò la carena della corazzata provocando l’allagamento di diversi compartimenti mentre molti altri venivano invasi dal fumo, ma il compartimento che ospitava gli italiani rimase intatto e i due vennero evacuati insieme con il resto dell’equipaggio.

Il maiale nº 222, condotto da Vincenzo Martellotta e Mario Marino, si diresse verso la petroliera Sagona; Martellotta fu però colpito da un malore, che costrinse i due uomini a navigare in superficie; l’equipaggio fu poi catturato dagli egiziani non appena raggiunta terra.

Il maiale nº 223, condotto da Antonio Marceglia e Spartaco Schergat, in una “missione perfetta”, “da manuale” rispetto a quelle degli altri operatori, si diresse verso la Queen Elizabeth, cui i due uomini agganciarono la testata esplosiva del loro maiale; raggiunsero poi terra e riuscirono ad allontanarsi da Alessandria, ma furono catturati il giorno successivo, a causa dell’approssimazione con la quale il Servizio informazioni militare italiano aveva preparato la fuga: vennero date agli incursori banconote che non avevano più corso legale in Egitto, per cercare di cambiare le quali l’equipaggio perse tempo; nonostante il tentativo degli italiani di spacciarsi per marinai francesi appartenenti all’equipaggio di una delle navi in rada, vennero riconosciuti e catturati.

Intorno alle sei del mattino successivo ebbero luogo le esplosioni, che danneggiarono gravemente quattro navi, tra cui anche il cacciatorpediniere HMS Jervis, ormeggiato a fianco della Sagona.


Esemplare di “Siluro San Bartolomeo” (altro tipo di “siluro a lenta corsa”) della seconda guerra mondiale, esposto nel Submarine Museum, Gosport.

Sebbene l’azione fosse stata un successo, le navi si adagiarono sul fondo e non fu immediatamente possibile avere la certezza che non fossero in grado di riprendere il mare. Nonostante tutto, le perdite di vite umane furono molto contenute: solo 8 marinai persero la vita.


Il sommergibile Scirè

L’azione italiana costò agli inglesi, in termini di naviglio pesante messo fuori uso, come una battaglia navale perduta e fu tenuta per lungo tempo nascosta anche a causa della cattura degli equipaggi italiani che effettuarono la missione. La Valiant subì danni alla carena in un’area di 20 x 10 m a sinistra della torre A[28], con allagamento del magazzino munizioni A e di vari compartimenti contigui. Anche gli ingranaggi della stessa torre vennero danneggiati e il movimento meccanico impossibilitato, oltre a danni all’impianto elettrico. La nave dovette trasferirsi a Durban per le riparazioni più importanti che vennero effettuate tra il 15 aprile e il 7 luglio 1942. Le caldaie e le turbine rimasero però intatte. La Queen Elizabeth invece fu squarciata sotto la sala caldaie B con una falla di 65 x 30 m che passava da dritta a sinistra, danneggiando l’impianto elettrico e allagando anche i magazzini munizioni da 4,5″, ma lasciando intatte le torri principali e secondarie. La nave riprese il mare solo per essere trasferita a Norfolk, in Virginia, dove rimase in riparazione per 17 mesi.

Per la prima volta dall’inizio del conflitto, la flotta italiana si trovava in netta superiorità rispetto a quella britannica, a cui non era rimasta operativa alcuna corazzata (la HMS Barham era stata a sua volta affondata da un sommergibile tedesco il 25 novembre 1941). La Mediterranean Fleet alla fine del 1941 disponeva solo di quattro incrociatori leggeri e alcuni cacciatorpediniere.

L’ammiraglio Cunningham per ingannare i ricognitori italiani decise di rimanere con tutto l’equipaggio a bordo dell’ammiraglia che, fortunatamente per lui, si appoggiò sul fondale poco profondo. Per mantenere credibile l’inganno nei confronti della ricognizione aerea, sulle navi si svolgevano regolarmente le cerimonie quotidiane, come l’alzabandiera. Poiché l’affondamento avvenne in acque basse le due navi da battaglia furono recuperate negli anni successivi, ma la sconfitta rappresentò un colpo durissimo per la flotta britannica, che condizionò la strategia operativa anche ben lontano dal teatro operativo del Mediterraneo. A questo proposito, Churchill scrisse:

«Tutte le nostre speranze di riuscire a inviare in Estremo Oriente delle forze navali dipendevano dalla possibilità d’impegnare sin dall’inizio con successo le forze navali avversarie nel Mediterraneo»

Tuttavia contrasti tra gli Stati Maggiori dell’Asse non permisero di sfruttare questa grande occasione di conquistare il predominio aeronavale nel Mediterraneo e occupare Malta.

Durante il periodo dell’armistizio de la Penne venne decorato con la medaglia d’oro al valor militare che gli venne appuntata dal commodoro Sir Charles Morgan, ex comandante della Valiant. Stessa decorazione venne concessa agli altri cinque operatori della Xª.

Dietro le linee

Nel febbraio 1942 l’ammiraglio Aimone Savoia-Aosta fu posto al comando dell’Ispettorato generale delle flottiglie MAS (il neo costituito “Generalmas”), con sede prima a Livorno e poi a Lerici. Nell’aprile 1943, dipendenti da “Generalmas”, sarebbero divenute sei le flottiglie MAS.

Infiltrazione a Malta

Una delle attività meno note del reparto fu quella di infiltrazione/esfiltrazione di sabotatori e membri dei servizi segreti dietro le linee nemiche. Uno dei casi più importanti fu quello di Carmelo Borg Pisani, sottocapomanipolo della Milizia Marittima di origine maltese, irredentista venuto in Italia e iscrittosi al Partito Nazionale Fascista per contribuire alla lotta antibritannica e alla conseguente unione di Malta all’Italia.

Nella notte tra il 17 e il 18 maggio 1942 Borg Pisani, che aveva seguito un corso di infiltrazione e tecniche di sabotaggio, si imbarcò come “sabotatore-informatore” ad Augusta sul MTSM (Motoscafo da Turismo Silurante Modificato) 214 in forza alla Xª Flottiglia Mas. Questo mezzo dipendeva dalla squadriglia di MTSM di base ad Augusta che svolgeva una intensa attività nelle acque di Malta, al comando del tenente di vascello Ongarillo Ungarelli. La notte dello sbarco Ungarelli accompagnò di persona la missione, che serviva a preparare il programmato sbarco a Malta, l’Operazione C3, che poi non venne effettuato. Data l’importanza della missione, il mezzo d’assalto, che procedeva di conserva col MTSM 218, fu scortato dalla torpediniera Abba (una torpediniera della classe Pilo, detta tre pipe) e dai MAS 451 e 452 fino a una distanza di sicurezza rispetto agli impianti radar dell’isola.

Separatesi dalla scorta, gli MTSM 214 e 218 proseguirono con i motori al minimo e in prossimità della costa inviarono dapprima un battello del MTSM 218 con un esperto nuotatore, che però fu trascinato dalle correnti e fatto prigioniero il giorno dopo. Successivamente l’MTSM 214 proseguì la sua navigazione silenziosa fino a circa 150 metri dalla scogliera, nella cala di Ras Id Dawara, verso il punto di approdo prescelto, posto sulla costa sud-ovest di Malta in una zona rocciosa presso l’isolotto di Filfola. Il luogo era stato scelto dallo stesso Borg Pisani, in virtù della sua conoscenza dei luoghi. Dopo l’approdo, però, l’ufficiale non riuscì a scalare la parete rocciosa e perse il battello con l’attrezzatura a causa dei marosi. Dopo due giorni di tentativi fu scorto da una vedetta inglese di pattuglia, processato e impiccato; a Borg Pisani venne concessa la medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

Azioni in Turchia

Un altro sommozzatore che agì dietro le linee nemiche fu Luigi Ferraro, entrato negli operatori gamma nel 1942.

Nello stesso anno la sconfitta italo-tedesca nella seconda battaglia di El Alamein portò Ferraro a ideare una missione che doveva svolgersi a Tripoli: egli avrebbe dovuto raggiungere la capitale libica prima degli inglesi e assumere i panni di normale cittadino per poi, una volta che la Royal Navy fosse entrata nel porto, compiere azioni di sabotaggio. Per far questo però egli chiese di portare con sé, come aiuto, sua moglie Orietta Romano. Eugenio Wolk, suo comandante, dopo un’iniziale incertezza si convinse a dare il nulla osta alla missione, e così Ferraro partì alla volta di Sfax, in Tunisia.

Gli eventi della guerra imposero all’italiano di rinunciare alla missione, in quanto Tripoli venne conquistata dagli inglesi prima che egli potesse raggiungerla.

Tornato in Italia, Junio Valerio Borghese, succeduto a Ernesto Forza nel comando della Xª Flottiglia MAS il 1º maggio 1943, gli affidò un’altra missione segreta: nel porto di Alessandretta gli Alleati praticavano da tempo un traffico di cromo, e lui avrebbe dovuto limitarlo affondando le navi che trasportavano il minerale, prestando la massima attenzione a non farsi scoprire in quanto la Turchia si era dichiarata neutrale.

Con dei falsi documenti che attestavano il suo status di diplomatico presso il consolato italiano, Ferraro raggiunse la sua destinazione verso la metà del maggio 1943. Dopo circa un mese passato a fingere di essere un normale diplomatico con addirittura la paura dell’acqua, il sommozzatore italiano (aiutato dall’agente del SIM Giovanni Roccardi) entrò in azione la sera del 30 giugno 1943: al largo stazionava il piroscafo Orion (7.000 t) che Ferraro raggiunse a nuoto portando con sé le cariche esplosive, si immerse per attaccare gli ordigni alla chiglia della nave, e ritornò a riva raggiungendo il consolato senza farsi scoprire. Il 7 luglio l’Orion saltò in aria insieme con il suo carico.

Azioni simili vennero effettuate a Mersin ai danni dei piroscafi Kaituna (9 luglio) e Sicilian Prince (30 luglio), rispettivamente di 10.000 t e 5.000 t, e di nuovo ad Alessandretta contro la motonave Fernplant (1º agosto; 5.274 t): la prima venne solamente danneggiata e un’ispezione inglese trovò una carica inesplosa, la seconda fu oggetto di controlli prima di salpare e gli ordigni vennero disinnescati, mentre la terza colò a picco.

Terminati i “bauletti” Ferraro con la scusa di una malattia tornò nell’Italia del nord e fu preso prigioniero dagli anglo-americani. Per le sue azioni gli vennero conferite quattro medaglie d’argento al valor militare, una per ogni azione. Nel dopoguerra queste gli vennero commutate con la medaglia d’oro al valor militare.

L’attività sino all’armistizio

Lo Scirè con i contenitori per tre mezzi d’assalto sul ponte di coperta

Nel maggio del 1942 fu tentato senza successo un secondo attacco al porto di Alessandria.

Nello stesso periodo, su richiesta dei tedeschi, furono inviati altri incursori nei porti del Mar Nero e cinque barchini siluranti in Crimea. Altri barchini furono utilizzati nelle coste del nord Africa, a supporto delle operazioni terrestri.

Il 27 luglio 1942 lo Scirè lasciò la Spezia con a bordo un gruppo di incursori, facendo tappa alla base italiana di Lero nel Dodecaneso per acquisire anche i risultati della ricognizione aerea. Ripartito il 6 agosto, non diede più notizie di sé. Si seppe solo in seguito che il 10 agosto 1942 era stato individuato e affondato dal peschereccio armato inglese HMS Islay proprio nei pressi di Haifa, senza alcun superstite. I corpi di due degli incursori, il tenente di vascello Egil Chersi e il capo Del Ben, furono recuperati sulla spiaggia e tumulati dagli inglesi con gli onori militari. Allo Scirè venne concessa una delle tre medaglie d’oro al valor militare conferite ad unità navali durante la guerra.

A partire dal luglio 1942 per le operazioni di Gibilterra furono utilizzate come basi segrete della Xª Flottiglia MAS il piroscafo Olterra e la sede di Villa Carmela, in territorio spagnolo. All’organizzazione delle due basi partecipava anche il SIM, con personale delle tre forze armate; tra questi il maggiore Ranieri di Campello, che dopo l’8 settembre 1943 partecipò alla campagna d’Italia nel Primo Raggruppamento Motorizzato. Queste basi, dalle quali nuotatori e subacquei uscivano per attaccare le navi in rada, permisero al gruppo denominato Squadriglia dell’Orsa Maggiore e successivamente ad altri gruppi una serie di operazioni coronate da successo.

Junio Valerio Borghese assunse il comando della Xª Flottiglia MAS il 1º maggio 1943

In seguito alla svolta delle sorti della guerra, il numero di missioni si ridusse sempre più. Vennero comunque valutate e pianificate azioni a Freetown (importante scalo per gli Alleati) e fino nel fiume Hudson a New York, ma non vennero mai realizzate. Era in programma anche un’azione per forzare il porto di Gibilterra in pieno giorno. In particolare l’azione contro il porto di New York venne valutata sia come azione in solitario della Xª Flottiglia MAS, sia nella prospettiva di missione di supporto per l’azione della Regia Aeronautica denominata Operazione S. In questo caso un sommergibile della Decima avrebbe dovuto effettuare un rifornimento in pieno oceano Atlantico come scalo tecnico per l’idrovolante CANT Z.511.


Il Classe CA imbarcato sul sommergibile Leonardo da Vinci durante le prove, si nota una delle morse che assicurano il CA all’avvicinatore.

L’idea venne giudicata troppo azzardata, e la Regia Aeronautica optò successivamente per una missione senza scalo con un quadrimotore Savoia-Marchetti S.M.95, ma l’azione non venne mai compiuta. L’azione in solitario della Xª Flottiglia MAS prevedeva, dopo la traversata atlantica iniziatasi a Bordeaux, l’avvicinamento al porto di New York da parte del sommergibile Leonardo da Vinci che, opportunamente modificato tramite la rimozione del cannone di bordo, avrebbe dovuto trasportare un mini sommergibile. Questo mini sommergibile, denominato CA, avrebbe poi risalito il fiume Hudson per rilasciare gli operatori del Gruppo Gamma che avrebbero attaccato un grattacielo in città. L’attacco sarebbe stato di forte importanza dal punto di vista psicologico, si trattava infatti di dimostrare agli americani che non erano sicuri nemmeno in casa propria, ma anche questa missione rimase allo stadio di progetto a causa dell’armistizio.

Fuori dal Mediterraneo

La flottiglia operò alcuni dei suoi mezzi anche al di fuori del teatro del Mediterraneo, precisamente in Finlandia e nel Mar Nero.

All’inizio del 1942 vennero trasferiti in Finlandia i quattro MAS della 12ª Squadriglia, comandata dal capitano di corvetta Bianchini. L’unità, forte di 17 ufficiali, 19 sottufficiali e 63 tra sottocapi e comuni, cominciò a operare dal 25 luglio 1942. I mezzi operarono per 90 giorni durante la guerra di continuazione con personale italiano e furono infine ceduti ai finlandesi tra il 5 e il 26 giugno 1943. Erano quattro mezzi della classe 500 – seconda serie, precisamente il 526, 527, 528 e 529; ognuno di essi aveva dieci uomini di equipaggio. L’unità era a sua volta parte del Distaccamento navale internazionale K (Laivasto-osasto K- LOs.K.), formato il 17 maggio 1942 da tedeschi, italiani e finlandesi, che tentò senza successo di interrompere il flusso dei rifornimenti russi attraverso il lago Ladoga in direzione della città di Leningrado assediata fin dal settembre 1941, nonostante alcuni successi locali.

Nel Mar Nero

Tra i reparti italiani inviati sul fronte orientale vi era anche una piccola unità della Regia Marina, su esplicita richiesta tedesca per operare nel Mar Nero. L’unità, designata come “4ª Flottiglia MAS” e posta al comando del capitano di fregata Francesco Mimbelli, era inizialmente composta da quattro MAS (aumentati poi a sette), sei sommergibili tascabili classe CB, cinque motoscafi siluranti e cinque barchini esplosivi.

L’unità venne trasferita via terra fino alle coste del Mar Nero (ove giunse nel maggio del 1942), con il nominativo di “Autocolonna M.O. Moccagatta” facendo base nei porti di Jalta e Feodosija, sulla penisola di Crimea. I MAS e i sommergibili italiani vennero subito coinvolti nelle operazioni contro la fortezza sovietica di Sebastopoli, attaccando il traffico da e verso la piazzaforte. Caduta la città (4 luglio 1942), l’unità venne spostata nel Mar d’Azov per fornire protezione al traffico navale tedesco, per poi continuare con le missioni di pattugliamento lungo le coste controllate dai sovietici.

La mancanza di combustibile e il cattivo andamento del conflitto influirono pesantemente sulle attività dei mezzi italiani. Il 20 maggio 1943 i MAS superstiti vennero ceduti alla Kriegsmarine, e gli equipaggi rimpatriati. I sommergibili continuarono a operare con equipaggi italiani fino all’agosto del 1943 dalla base di Sebastopoli. A seguito dell’armistizio italiano reso noto col proclama Badoglio dell’8 settembre 1943, gli equipaggi vennero internati dai tedeschi, mentre i mezzi (ormai in pessimo stato di manutenzione) vennero acquisiti dai romeni, per finire poi nelle mani dei sovietici a Costanza nel 1944.

Durante la sua attività, l’unità riuscì ad affondare 3 navi da trasporto e 3 sommergibili sovietici, oltre a danneggiare l’incrociatore Molotov e il cacciatorpediniere Kharkov. Le perdite ammontarono a un CB e a due MAS.

Nel Mar Nero, invece, le operazioni furono molto più proficue e compresero l’attacco portato, ancorché senza successo a causa della mancata esplosione di un siluro, al modernissimo conduttore di flottiglia Tashkent[66], il grave danneggiamento dell’incrociatore Molotov e quello lieve del cacciatorpediniere Kharkov, l’affondamento del sommergibile Šč-214, attacchi a motozattere, cannoniere e navi mercantili.

Affondamenti e danneggiamenti di naviglio sino all’armistizio

Missioni compiute dagli incursori della Xª Flottiglia MAS durante la seconda guerra mondiale sino all’armistizio; anche in questo caso le tonnellate sotto specificate sono tonnellate di stazza, quindi unità di volume, e non di peso.

  • Baia di Suda – 25-26 marzo 1941: affondamento dell’incrociatore York (8.250 t) e grave danneggiamento della nave cisterna Pericles (8.324 t)
  • Alessandria – dicembre 1941 (operazione G.A.3): poste fuori servizio le due navi da battaglia Queen Elizabeth e Valiant; danneggiamento della nave cisterna Sagona (7.750 t) e del cacciatorpediniere Jervis (1.690 t)
  • Sebastopoli – 10 giugno 1942: affondamento di una motonave da 5.000 t
  • Sebastopoli – 12 giugno 1942: danneggiamento di un piroscafo da 10.000 t successivamente affondato da aerei tedeschi
  • Sebastopoli – 18 giugno 1942: danneggiamento dell’incrociatore Molotov da 10.230 t e affondamento di due imbarcazioni armate
  • Sebastopoli – 19 giugno 1942: affondamento del sommergibile Šč-214
  • Sebastopoli – 1º luglio 1942: nell’occasione della capitolazione di Sebastopoli le unità della flottiglia svolsero un’intensa attività di rastrellamento, sostenendo scontri con motovedette e cannoniere. Affondamento di una motovedetta
  • Gibilterra – luglio 1942: danneggiamento dei piroscafi Metà (1.575 t), Shuma (1.494 t), Empire Snipe (2.497 t) e Baron Douglas (3.899 t).
  • Acque del Mar Nero: il tenente di vascello Emilio Legnani attaccò un incrociatore e un cacciatorpediniere affondando l’unità maggiore; venne decorato con medaglia d’oro al valor militare il 3 agosto 1942[68]
  • Algeri – operazione N.A. 1, dicembre 1942: affondamento dei piroscafi Ocean Vanquisher (7.147 t) e Berto (1.493 t); danneggiamento dei piroscafi Empire Centaur (7.041 t) e Armattan (6.587 t)
  • Gibilterra – maggio 1943: grave danneggiamento dei tre piroscafi Pat Harrison (7.000 t), Mashud (7.500 t) e Camerata (4.875 t).
  • Sebastopoli – 19 maggio 1943: danneggiamento, dopo aspro combattimento, di due motovedette sovietiche.
  • Alessandretta e Mersin – giugno, luglio e agosto 1943: affondamento dei piroscafi Orion (7.000 t) e Fernplant (5.274 t) e danneggiamento del piroscafo Kaituna (10.000 t)[69]
  • Gibilterra – agosto 1943: affondamento della petroliera Thorshov (10.000 t) e dei piroscafi Stanridge (6.000 t) e Harrison Gray Otis (7.000 t).

Per le attività svolte, il reparto fu decorato di medaglia d’oro al valor militare con la motivazione:

«Erede diretta delle glorie dei violatori di porti che stupirono il mondo con le loro gesta nella prima guerra mondiale e dettero alla Marina Italiana un primato finora ineguagliato, la X Flottiglia M.A.S. ha dimostrato che il seme gettato dagli eroi nel passato ha fruttato buona messe. In numerose audacissime imprese, sprezzante di ogni pericolo, fra difficoltà di ogni genere create, così, dalle difficili condizioni naturali, come nei perfetti apprestamenti difensivi dei porti, gli arditi dei reparti di assalto della Regia Marina, plasmati e guidati dalla X Flottiglia M.A.S., hanno saputo raggiungere il nemico nei più sicuri recessi dei muniti porti, affondando due navi da battaglia, due incrociatori, un cacciatorpediniere e numerosi piroscafi per oltre 100.000 tonnellate.

Fascio eletto di spiriti eroici, la X Flottiglia M.A.S. è rimasta fedele al suo motto: “Per il Re e la Bandiera”

testo del conferimento della medaglia al valore

I comandanti

  1. capitano di fregata Paolo Aloisi (aprile 1939 – febbraio 1940)
  2. capitano di fregata Mario Giorgini (febbraio 1940 – settembre 1940)
  3. capitano di fregata Vittorio Moccagatta (ottobre 1940 – luglio 1941)
  4. capitano di fregata Ernesto Forza (ottobre 1941 – aprile 1943)
  5. capitano di fregata Junio Valerio Borghese (maggio – settembre 1943)

I mezzi impiegati durante la seconda guerra mondiale

  • “Avvicinatori” – qualunque natante modificato per il trasporto e le operazioni di mezzi d’assalto. Tra i tanti: sommergibili Scirè, Ambra; motopescherecci Cefalo, Sogliola; cacciatorpediniere Granatiere, Crispi, Sella, Grecale; avviso Diana; motoveliero Costanza
  • “Canguri” – due motosiluranti, classe CRDA 60 t 2ª serie, gli MS 74 e MS 75, modificati per trasporto, messa in mare e recupero di mezzi d’assalto e SLC
  • Caproni CA e Caproni CB: sommergibili tascabili
  • M.A.S. – Motoscafo Anti Sommergibile
  • M.S. – Motosilurante
  • M.T.L. – Motoscafo Turismo Lento: unità per trasporto, messa in mare e recupero di due Siluri a Lenta Corsa; 6 unità consegnate all’armistizio.
  • Scafo «R» – piccolo kayak in alluminio; disponeva di una carica staccabile a prua e di un’elica propulsa da motore elettrico, in aggiunta ai remi; 4 unità consegnate all’armistizio.
  • “Barchino esplosivo” – circa 100 unità complessive tra:
    • M.A. – Motoscafo d’Assalto
    • M.A.T. – Motoscafo Avio Trasportato: motoscafo con la prua riempita di tritolo che avrebbe dovuto essere portato nel luogo dell’azione per via aerea, attaccato alla fusoliera di un idrovolante. L’interessamento di Domenico Cavagnari fece sì che nel febbraio 1936 venisse ordinato il primo M.A.T, collaudato prima della fine dell’anno con esito discreto. Nel 1937 un altro motoscafo era pronto e il 28 settembre dello stesso anno ne vennero ordinati dodici, ma successivamente la Regia Marina revocò l’ordine in quanto il M.A.T. presentava troppe incognite
    • M.T.M. – Motoscafo Turismo Migliorato/Modificato, la serie principale
    • M.T.R. – Motoscafo Turismo Ridotto
    • M.T.R.M. – Motoscafo Turismo Ridotto Modificato
  • “Motoscafi siluranti” – circa 90 unità complessiva
    • M.T.S. – Motoscafo turismo silurante, 4 unità consegnate
    • M.T.S.M. – Motoscafo Turismo Silurante Modificato, 32 unità consegnate
    • M.T.S.M.A. anche abbreviato in ‘S.M.A. – Motoscafo Turismo Silurante Modificato Allargato, ordinati 83 esemplari all’armistizio, di questi solo 3 consegnati; successivamente 97 ordinati dalla Kriegsmarine di cui circa 40 consegnati
  • V.A.S. – Vedetta Anti Sommergibile

Un siluro a lenta corsa, probabilmente al Varignano, in una foto del 1953. La Z bianca è stata dipinta per esigenze cinematografiche.

Dopo l’armistizio

L’armistizio di Cassibile, reso noto l’8 settembre 1943, divise in due parti le Flottiglie MAS, compresa la Xª. Quando l’ammiraglio Raffaele De Courten andò a chiedere consiglio al grande ammiraglio Paolo Thaon di Revel, questi rispose:

«In momenti così delicati è doveroso lasciare massima libertà alle coscienze, purché esse siano sinceramente rivolte al bene del Paese. (…)»

Nella Regia Marina

Con questi presupposti una parte, tra cui il capitano di vascello Ernesto Forza, rimase fedele al Regno del Sud formando l’unità speciale denominata “Mariassalto”. A questi si unirono anche Antonio Marceglia, Luigi Durand De La Penne e altri incursori fatti prigionieri dagli Inglesi e rimpatriati nel 1944 dopo la prigionia. Questa unità partecipò ad azioni al fianco delle unità alleate corrispondenti, in particolare per mantenere aperto il porto della Spezia, insieme con omologhe unità inglesi, contro il tentativo dei tedeschi di affondare delle navi alla sua entrata. In particolare vennero effettuate due operazioni di rilievo. La prima, denominata “QWZ”, nella notte del 21 giugno 1944 nel porto di La Spezia portò all’affondamento dell’incrociatore pesante Bolzano, ultimo superstite della sua classe e all’ulteriore danneggiamento dell’incrociatore Gorizia, già in riparazione per i danni subiti in un bombardamento. La seconda, denominata “Toast”, venne svolta nella notte del 19 aprile 1945 da un gruppo di incursori, tra cui il sottotenente di vascello Nicola Conte e il sottocapo Evelino Marcolini, e aveva come obiettivo l’affondamento nel porto di Genova di quella che sarebbe dovuta diventare la prima portaerei italiana, l’Aquila, per impedire che venisse affondata dai tedeschi bloccando così l’ingresso del porto. Per l’affondamento dell’Aquila il sottocapo Marcolini e il sottotenente Conte vennero decorati di Medaglia d’Oro al Valor Militare. Come menzionato nelle motivazioni del conferimento delle medaglie, gli incursori utilizzarono del materiale di dubbia efficacia, residuato delle operazioni precedenti, poiché non esisteva alcuna possibilità di rimpiazzo visto che i luoghi deputati alla ricerca, allo sviluppo e alla produzione erano tutti nelle mani dei tedeschi.

Nella RSI

Uomini della RSI appartenenti alla Divisione fanteria di marina Xª

Nella confusione e nello sbandamento delle forze armate causato dalle circostanze dell’armistizio dell’8 settembre, il comando di stanza nella caserma di La Spezia non si sbandò e messo in allarme attese ordini disciplinatamente evitando però di distruggere i piccoli mezzi navali all’ancora fuori della caserma di cui parte poi cadde momentaneamente in mani tedesche[80]. La serata stessa Junio Valerio Borghese raggiunse l’ammiraglio Aimone d’Aosta e inutilmente cercarono insieme di contattare Roma per avere conferma dell’armistizio e ricevere ordini. La Xª MAS, continuando a rimanere priva di ordini, mantenne l’attività nella caserma immutata e per tutto il tempo la bandiera italiana rimase sul pennone. Borghese inoltre dispose di aprire il fuoco contro chiunque avesse tentato di attaccare la caserma riuscendo a respingere alcuni tentativi tedeschi di disarmare i marò. Il 9 settembre gli ufficiali si riunirono per decidere la strada da intraprendere e Borghese ribadì la sua intenzione di continuare la guerra contro gli angloamericani, scegliendo l’alleanza con la Germania. L’11 settembre radunò i marinai di stanza a La Spezia spiegando la situazione e dando il permesso di congedarsi a coloro che non se la fossero sentita di continuare la guerra. La maggioranza si congedò.

La Xª MAS divenne una unità militare, con una divisione di fanteria di marina e con reparti di naviglio sottile dotati di MAS, con l’obiettivo di continuare la lotta contro gli Alleati, ma i cui reparti furono anche impiegati nella lotta antipartigiana (Liguria, Langhe, Carnia, Val d’Ossola, ecc.), macchiandosi di gravi efferatezze come la fucilazione sommaria di civili e partigiani, la cattura e tortura di ostaggi fra i civili.

Sugli altri fronti la fanteria di marina della Decima di Borghese combatté sporadicamente e per brevissimi periodi contro gli angloamericani ad Anzio, in difesa della Linea Gotica e poi della Linea Verde a Lugo e nel Polesine, lungo il fiume Senio. Sul fronte orientale mantenne forti nuclei che operarono sia come difesa dall’invasione iugoslava (ad esempio nella battaglia di Tarnova) sia come affermazione del diritto italiano su quelle terre contro i tentativi delle autorità d’occupazione tedesche di snazionalizzare la Venezia Giulia e il Friuli – amministrati come “Zona d’operazioni del Litorale adriatico” (Operationszone Adriatisches Küstenland) – per annetterli al Reich (o, verso la fine del conflitto, a una rinata “Grande Austria” da presentare come “vittima” della Germania).

Durante tutto il periodo seguente all’armistizio, fra la Decima MAS della Repubblica Sociale e Mariassalto del Regno d’Italia si mantennero comunque stretti rapporti segreti, volti in particolare a evitare che i due reparti potessero scontrarsi direttamente sul fronte, a gestire i prigionieri dell’una e dell’altra parte all’insaputa dei comandi rispettivamente tedeschi e angloamericani, e infine a coordinare un ipotetico tentativo di sbarco di truppe regie in Istria con il supporto dei reparti locali della Decima repubblicana per evitare l’invasione della Venezia Giulia da parte dei partigiani comunisti di Tito.

Il dopoguerra

Nel dopoguerra gli Alleati stabilirono, tra le clausole del trattato di pace di Parigi, che la Marina Militare italiana non potesse più possedere, tra l’altro, reparti di incursori e assaltatori; ciò nonostante gli assaltatori sopravvissero come palombari e sommozzatori per operazioni di bonifica e sminamento dei porti. Terminata dunque la loro utilizzazione da parte delle Nazioni Unite nella guerra contro l’Asse, secondo le clausole dell’Armistizio Lungo, il reparto fu sciolto. Tuttavia, già con il Foglio d’Ordine nº 66 del 15 ottobre 1947 la Marina ricostituisce surrettiziamente un reparto di subacquei e incursori nominato “MARICENTROSUB”. E – lentamente – con il trasferimento semiclandestino dei pochi mezzi superstiti da Venezia al Varignano, l’attività riprese sino a saldarsi con quella di oggi.

Nel 1952 il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, ammiraglio Corso Pecori Giraldi, incaricò l’ex comandante di Mariassalto, tenente di Vascello Aldo Massarini, di cominciare a studiare la possibile ricostituzione di un reparto di incursori subacquei. Con il Foglio d’Ordine nº 44 del 30 maggio 1952 nacque quindi alla Spezia il Gruppo Arditi Incursori della Marina Militare (“GRUPPARDIN”).

Lo stemma del COMSUBIN

Negli anni successivi i vari reparti di subacquei e arditi incursori subirono una progressiva fusione, che portò nel 1961 alla costituzione del Raggruppamento Subacquei e Incursori “Teseo Tesei”, conosciuto anche con il nome di Comsubin (Comando subacquei e incursori).

Un’attività meno nota di alcuni degli uomini che fecero parte della Xª Flottiglia MAS fu quella di addestramento di unità speciali. Tra questi Fiorenzo Capriotti che addestrò il reparto speciale della marina israeliana, che con le tattiche sviluppate dalla Xª durante la seconda guerra mondiale affondò, il 22 ottobre 1948 l’ammiraglia egiziana El Amir Faruk. Il 22 ottobre 1992 Capriotti fu insignito dall’ammiraglio Amihai Ayalon del grado di “comandante onorario” della 13ª Flottiglia (Shayetet 13).

Decorati con la medaglia d’oro al valor militare

Gli appartenenti alla Xª Flottiglia MAS o a Mariassalto decorati della medaglia d’oro al valor militare furono:

Nome e cognomeGradoLuogo e data di riferimento della medaglia
Mario ArilloCapitano di corvettaMar Mediterraneo, maggio-dicembre 1942
Emilio BarberiSergente cannoniere P.S.Suda, 26 marzo 1941
Lino Beccati2° capo meccanicoSuda, 26 marzo 1941
Emilio BianchiCapo palombaro di 3ª classeAlessandria, 18-19 dicembre 1941
Fernando BerardiniTenente guastatore (Regio Esercito)3 aprile 1942-20 novembre 1944
Gino BirindelliTenente di vascelloGibilterra, 30 ottobre 1940
Ettore BisagnoSottotenente di vascelloMar Nero, giugno 1942
Junio Valerio BorgheseCapitano di corvettaMediterraneo occidentale, 21 ottobre-3 novembre 1940
Carlo BosioSottotenente di vascelloMalta, 26 luglio 1941
Angelo CabriniSottotenente di vascelloSuda, 26 marzo 1941
Aristide CarabelliSottotenente A.N.Malta, 26 luglio 1941
Nicola ConteSottotenente di vascelloGenova, 19 aprile 1945
Alessio De VitoCapo cannoniere di 3ª classeSuda, 23 marzo 1941
Luigi Durand de la PenneTenente di vascelloAlessandria, 18-19 dicembre 1941
Luigi FaggioniTenente di vascelloSuda, 26 marzo 1941
Bruno FalcomatàCapitano medicoMalta, 26 luglio 1941
Luigi FerraroCapo manipolo MILMARTMediterraneo, 7 luglio-4 agosto 1943
Roberto FrassettoSottotenente di vascelloMalta, 26 luglio 1941
Giorgio GiobbeCapitano di corvettaMalta, 26 luglio 1941
Emilio LegnaniTenente di vascelloMar Nero, 3 agosto 1942
Giovanni MagroSottocapo palombaroGibilterra, 9 dicembre 1942
Girolamo ManiscoGuardiamarinaGibilterra, 22 dicembre 1942
Antonio MarcegliaCapitano G.N.Alessandria, 18-19 dicembre 1941
Evelino MarcoliniSottocapo palombaroGenova, 19 aprile 1945
Mario MarinoCapo palombaro di 3ª classeAlessandria, 18-19 dicembre 1941
Vincenzo MartellottaCapitano A. N.Alessandria, 18-19 dicembre 1941
Vittorio MoccagattaCapitano di fregataMalta, 26 luglio 1941
Alcide Pedretti2º capo palombaroMalta, 26 luglio 1941
Spartaco Schergat2º capo palombaroAlessandria, 18-19 dicembre 1941
Tullio TedeschiCapo motorista navale di 3ª classeSuda, 26 marzo 1941
Teseo TeseiMaggiore G. N.Malta, 26 luglio 1941
Salvatore TodaroCapitano di corvettaMediterraneo, giugno 1942-dicembre 1942
Guido VinconSottocapo siluristaMalta, 26 luglio 1941
Licio VisintiniTenente di vascelloGibilterra, 8 dicembre 1942
Pier Paolo "Gus" Liuzzo

Mi chiamo Pier Paolo Liuzzo. Vivo a Tortona, una piccola città in provincia di Alessandria, a metà strada tra Milano e Genova. Pilota di linea ed amante del mare; di quello che conserva e racchiude fra le sue acque.

https://www.gusdiver.com

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